Nulla come il cibo ha da sempre costituito l'identità di un popolo. La competizione sui dettagli "sovversivi" o sulla ortodossia nelle ricette tradizionali è memoria di ogni famiglia italiana. Ad un certo punto serve però chi formalizzi questa identità, e che ne divulghi i fondamentali.
Ritengo imprescindibili le opere di due personaggi, Pellegrino Artusi (1820-1911) e Mario Soldati (1906-1999). Il primo ha il merito di costruire l'identità culinaria nazionale, dopo la forzosa unificazione politica, il secondo di ricostruire l'identità del nord del paese umiliata nella fase finale della seconda guerra mondiale, che aveva portato fame in quello che dal medioevo era uno dei vasi di pandora agroalimentari d'Europa.
Non solo Italia. Dal Repas gastronomique francese, che si origina a fine XVIII secolo, al recente riconoscimento del Couscous tradizionale del Maghreb come patrimonio dell'Umanità il cibo non è solo nutrimento, è un modo di essere. Prendete e mangiatene tutti...
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Lo spunto per il post lo hanno fornito gli amici del Consorzio del Velodromo di 100 (o Cento, in lettere). Si congratulano con un ex ragazzino cresciuto sportivamente nell'ambiente della struttura centese, divenuto ora professionista di squadra World Tour (la prima classe del ciclismo).
Negli stessi giorni, si manifesta la preoccupazione per le sorti dell'impianto sportivo, che potrebbe essere declassato a struttura omologata solamente per i più giovani, precludendo di fatto lo scambio di esperienze tra generazioni che è sempre stato un importante fattore di crescita sportiva e umana per i giovanissimi ciclisti.
Lo spunto apre a due considerazioni: un panorama del circuito world tour completate le iscrizioni all'UCI (Unione ciclistica internazionale) e ad una considerazione sugli investimenti degli enti locali nelle strutture sportive.
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