E' sempre l'ultimo bicchiere che ubriaca, ma dipende da quanto si è bevuto prima. Caporalato, lavoro nero, sicurezza inefficiente se non assente, sono tutti comportamenti di impresa che minano la leale concorrenza. Per questo motivo andrebbero perseguiti non solamente dal braccio penale (repressivo), ma dal sistema di garanzie del mercato unico europeo in termini di certificazioni di prodotto e di certificazione ISO sugli operatori. Gli operatori scorretti vanno messi ai margini del mercato, e poi perseguiti per e irregolarità commesse.
Premessa chiave: in un mercato unico queste decisioni si prendono a livello di Unione, non di singoli stati. Nella Unione però lo strumento della petizione, che obbliga il Parlamento a trattare l'argomento e ad esprimersi. Diversi regolamenti europei sono nati da petizioni.
L'idea di base è iniziare a coinvolgere i consumatori nella scelta: sono disposti a pagare un poco di più i prodotti o preferiscono risparmiare accettando il rischio di mangiare cibo o indossare abiti sporchi di sangue.
Se il consenso sui problemi etici si dimostrasse sufficientemente diffuso, il secondo step è procedere ad inserire certificazioni etiche obbligatorie nei prodotti immessi nel mercato europeo, così come già accade per i dispositivi medici o gli strumenti elettronici (marchio CE)
In pratica Una certificazione "etica" sui prodotti, sul modello dei marchi DOP, IGP, SDG e/o delle certificazioni CE ve la trovereste come bollino sulle confezioni, mentre una corrispondente certificazione ISO sul brand dell'operatore GDO (COOP, ESSELUNGA, CARREFOUR, ECC) la vedreste sul brand e su tutta la pubblicità dell'operatore.
Un punto di partenza statistico: dimensione del fenomeno delle morti sul lavoro.
Numeri in breve: nel 2021 (ultimo anno completo) nella Unione abbiamo avuto circa 3400 morti sul lavoro di cui 600 in Italia.
Il settore agricoltura, allevamento, foreste e pesca, da solo, ne conta 382, di cui 81 in Italia. Quindi un settore che conta meno del 2% del valore aggiunto Europeo, causa oltre il 10% delle morti sul lavoro.
E' evidente che il tasso di rischio nel settore impone interventi specifici finalizzati a mitigarlo (tasso 0 esiste solo nei sogni).
NB: le statistiche comprendono solo i decessi che sono stati rilevati, chiaramente cadaveri smaltiti in modo "creativo" non sono rilevabili.
Perché la soluzione regolamentare non è sufficiente
In Italia si fanno circa 80.000 ispezioni sul lavoro su 4,6 milioni di soggetti economici attivi. Il tasso di non conformità è tra il 65% (vigilanza lavoro) e il 94% (vigilanza assicurativa - INAIL). Numeri che impongono una visita successive.
La soluzione regolamentare è poi subordinata al finanziamento subordinati ai vincoli di bilancio e alla sensibilità del governo del momento. Con le dichiarazioni fatte dal ministro dell'agricoltura e balle varie penso sia chiara a tutti i normodotati la totale assenza di sensibilità giuridica e di etica degli affari diffusa nel Board Governativo.
Una azione sistemica, lasciata in queste menti, servirebbe solo in funzione di acquisizione del consenso effimero.
Pagare qualche Euro in meno la spesa - quanto costa?
La moltiplicazione dei pani e dei pesci sembra sia stata tracciata 1-2 volte nella storia dell'umanità. Tutte le altre volte da un "DARE" corrisponde inevitabilmente un "AVERE". Frà Pacioli le aveva equiparate nel modello di partita doppia, ma il più delle volte non c'è né coincidenza temporale, né una parità di valori.
Ridurre il costo di produzione utilizzando macchinari obsoleti, e manodopera irregolare è un chiaro vantaggio immediato per il datore di lavoro: può vendere a prezzi inferiori o, a parità di prezzi, conseguire un maggior utile. Questo in un contesto statico ad un periodo. In un gioco ripetuto ogni tanto salta fuori la "Morte Nera". Lavoro irregolare + strumenti e procedure inadeguate aumenta il rischio di infortuni, anche mortali.
Se accadono la inevitabile conseguenza è un procedimento penale per amministratori ufficiali e non, responsabili della sicurezza, e responsabilità della impresa (quindi danneggiamento degli altri soci). Le irregolarità in materia di lavoro sono tra i reati che fanno scattare le responsabilità penali delle imprese, che possono portare al divieto di prosecuzione della attività (231/2001).
Anche sui consumatori ricade un costo non indifferente. Se il lavoro è irregolare non sono stati pagati i contributi assicurativi. Quindi non saranno i fondi INAIL a coprire il costo dell'infortunio, ma la fiscalità generale, ovvero il portafoglio dei contribuenti.
Terzo danno: le mele marce fanno marcire tutto il cesto. Per le imprese serie, se costrette ad una competizione di costo, la alternativa è adeguarsi a pratiche illecite o chiudere.
Business Ethics, cosa bolle in pentola
Il "Ethics & Compliance" officer, sino a pochi anni fa, era un ruolo di nicchia presente solo in alcune grosse multinazionali (MNE) . Una valutazione più completa delle prospettive di business e della continuità aziendale di lungo periodo ha rivalutato questo ruolo tanto da diffonderlo in tutte le imprese di grossa dimensione. A titolo di esempio, consultate i siti di Nestlé, Unilever, Oreal, IBM.
Il divieto di utilizzo di lavoro minorile, lavoro nero, contratti capestro è un pilastro degli standard etici.
Chiaramente una MNE non può promuovere questi standard, se non li impone a cascata sui propri fornitori.
Una interessante iniziativa di Transparency Italia è il Business integrity forum, iniziata per supportare la prevenzione della corruzione, ma oramai mutuata dai partecipanti per allineare la catena produttiva agli standard etici del gruppo.
Il meccanismo è semplice: si inserisce nel contratto con il fornitore un vincolo al rispetto di una serie di standard etici, fornendo al committente certificazioni e/o consentendo gli accessi per verificare la conformità. In caso di non conformità, il fornitore accetta di correggere la rotta e/o di accettare la chiusura del contratto per inadempimento. Tecnicamente può essere
Ad oggi, per quanto ne so, manca uno standard ISO (stanno elaborando uno standard per mitigare il rischio di lavoro forzoso e traffico di esseri umani). La soluzione ad oggi è affidarsi ad associazioni terze rispetto alle MNE. Non sono del tutto condivisi le procedure di verifica e gli standard di valutazione. Questo il punto debole della procedura.
Soluzione? Regolamenti Europei, e vincoli del mercato unico
La soluzione che propongo, come accennato, è in due step. Un primo step è di tipo volontario, sia lato produzione che distribuzione. Si potrebbe affiancare alla normativa sul lavoro esistente un meccanismo di certificazione volontaria di rispetto degli standard etici (non solo lavoro, anche rispetto ambientale e benessere animale) dei produttori.
Quindi generare una prima selezione basata sulla responsabilità individuale e libera scelta del consumatore: quanto si è disposti a pagare per la certezza di non mangiare prodotti "insanguinati".
Secondo livello, certificazione etica del distributore. Per un meccanismo di cascata, se il main agent vuole farsi certificare, deve richiedere la certificazione ai fornitori o effettuare controlli sul fornitore. Il consumatore può distinguere le catene distributive che impongono alla propria supply chain gli standard etici e che ne verificano la compliance. Scopo: vedi sopra.
I bollini etici vanno promossi e fatti conoscere ai consumatori, e devono basarsi su standard e controlli standardizzati, altrimenti non sono di alcuna utilità. DOP/IGP, CE e ISO sono esempi da seguire.
Le due misure dovrebbero essere sufficienti a mitigare il fenomeno, e a relegare imprese "criminali" come la cooperativa Agrilovato di Latina ad un mercato secondario e, ovviamente, meno redditizio.
Una volta che il fenomeno è stato mitigato, può essere aggredito più efficacemente dal braccio repressivo degli ispettorati del lavoro.
Il mercato dei beni è unico in tutta l'Unione, quindi non è pensabile una soluzione nazionale al problema. Standard e bollini devono quindi essere decisi a livello Europeo, così come gli esempi citati.
Briciole sparse tra Bruxelles e Strasburgo
Il Parlamento Europeo aveva approcciato l'argomento del "pull factor" delle decisioni dei consumatori in materia di etica di business. Lo si era fatto sotto impulso UK nel mandato parlamentare 2004-2006. La fonte è il Documento 52005AE1257
Successivamente è stato approfondito il problema del commercio equo e dei contratti agricoli tra parti squilibrate (Direttiva 633/2019) , ma non si rilevano sviluppi particolari.
C'è spazio per agire, serve (ovviamente) una pressione civile sufficientemente pesante da mitigare gli effetti delle proteste delle lobbies degli agricoltor.