Autunno: tempo di semina e di riforme (fiscali)

Autunno: tempo di semina e di riforme (fiscali)

Il Governo ha approvato il Disegno di Legge Delega per la riforma fiscale. Nei prossimi giorni inizierà l'iter parlamentare, nella speranza che entro la fine di questa legislatura si possano approvare le corpose modifiche previste. 

Nel secolo scorso l'Italia fece una epocale riforma fiscale, che superò un sistema impositivo farraginoso messo a punto con l'unificazione (1862-64) e in buona parte mutuato dallo stato sabaudo. Il dibattito non fu semplice, iniziò nel 1962, ma si concluse solamente nel 1971, con la approvazione della Legge Delega 1825/1971. 

Allora come ora l'evento scatenante di una riforma in colpevole ritardo fu un obbligo esterno. Così come nel 1967 l'entrata nel Mercato Comune Europeo obbligò a sostituire con la moderna IVA la vecchia IGE, oggi per accedere ai contributi e ai finanziamenti agevolati del NGEU è indispensabile che venga riformato un sistema fiscale obsoleto da almeno 20 anni.

Perché serve una riforma e in che direzione dovrebbe andare

Nel dibattito politico si fissa troppo l'attenzione sulle singole aliquote fiscali oppure sulle basi imponibili (esempio valori catastali) di questo o quel tributo.

Si omettono tre osservazioni che dovrebbero essere prioritarie.

  1. Lo stato e le autonomie (chiamiamoli Mr "G") sono fornitori di servizi dietro corrispettivo. Giocano in due ruoli: raccogliendo risorse tramite il gettito tributario, ed erogano servizi di pubblica utilità e redistribuzioni ai bisognosi. Quindi non è possibile parlare di tasse senza parlare di che cosa pretendiamo da Mr.G. Preferiamo pagare poco e avere poco, arrangiandoci, oppure pretendiamo tanto, ma allora non aspettiamoci di pagare poco.
  2. Il secondo punto è il mix della raccolta tributaria. Chi fare pagare, per cosa e quanto? Nota bene: in un mondo con libertà di movimento di persone e capitali, se per le persone può essere non agevole "votare con i piedi", ovvero emigrare, i capitali ci mettono frazioni di secondo ad espatriare, con la unica eccezione del real estate. Per fugare ogni dubbio, detenere capitali all'estero è assolutamente legittimo dal 1990 (DL167/90). Le imposte sui consumi, come l'IVA, sono generalmente regressive (perché chi ha meno risparmia meno), calcare troppo la mano sulla progressività di imposte sui redditi può disincentivare il lavoro, e tassare i patrimoni può pregiudicare la formazione dei capitali necessari per finanziare le imprese. Quindi ogni tassa è un male necessario, ma va assunta e calibrata con attenzione.
  3. Il terzo punto è la efficienza del sistema, ovvero quanto dei costi sostenuti dai contribuenti si traduce in gettito erariale. Perché adempiere gli obblighi fiscali costa tempo e denaro al contribuente e non lo si vede nelle due variabili (aliquota e base imponibile) generalmente oggetto di attenzione. Lo stesso discorso va fatto lato spesa. Non tutta la spesa pubblica produce effetti che ne giustifichino il costo, e purtroppo il dibattito si fissa troppo sull'INPUT (quanto), mentre al cittadino il beneficio arriva dall'OUTPUT (stato delle strade, qualità delle scuole, ecc...)

E' tempo di riformare il fisco quando "2" (Tax mix) o "3" (efficienza) vanno in sofferenza. Se cambiano le scelte di spesa/peso fiscale generalmente ci se la cava con un indebitamento o un aumento del prelievo, non servono azioni sistemiche.

Il motivo della riforma in Italia

Nel caso italiano siamo scandalosamente nella terza ipotesi. Il sistema costa troppo al contribuente rispetto a quanto rende a Mr.G. Lo vediamo con i dati di una interessante iniziativa della Banca Mondiale. Si chiama "Doing Business" e da quasi 20 anni cattura gli impatti di scelte del regolatore (MrG) tra cui il sistema fiscale. Ai sistemi fiscali dei paesi viene attribuito un voto. Ecco il risultato complessivo dell'Italia rapportato ad alcuni benchmark. 

  

Sempre dal ranking DB vediamo che più che il livello complessivo di tassazione, ciò che ammazza gli italiani è il tempo perso e soprattutto la totale inefficienza di controlli e rimborsi. Per la qualità di questi ultimi l'Italia è peggio dei paesi del Nordafrica, e distante anni luce dai nostri competitor naturali (nonché parnter).

    

  

  

Dove dovrebbe andare la riforma

Chiaramente prioritari sono l'efficientamento e la semplificazione del sistema. Se ne parla diffusamente nel PNRR e nella opinion della Commissione UE sul PNRR che trovate nei link. Il motivo lo avete visto: troppo divario tra i costi del contribuente e gli incassi di Mr.G.

Negli ultimi giorni si è fissata la attenzione sulla revisione delle rendite catastali ventilando un incremento delle imposte patrimoniali. 

Le rendite vanno riviste perché oramai fuori dalla logica.

Facciamo due esempi. Un immobile nel comune A, ed un immobile nel comune B. Sono esempi reali, tratti da valori di miei clienti.

Comune A B
Rendita 813,42 406,71
Valore IMU 136.654,56 68.327,28
aliquota 0,99% 1,05%
mq 229 73
valore mq 600 3400
valore reale 137.400,00 248.200,00
IMU annua        1.352,88          717,44
Patrimoniale % valore 0,98% 0,29%

E' chiara la iniquità del prelievo IMU nei due comuni, malgrado la piccola attenuazione determinata dalle diverse aliquote.

Ma anche soprassedendo a questa argomentazione uno spostamento della imposizione dalle imposte sui redditi alle imposte sul Patrimonio è decisamente accettabile, se non opportuna, ma non servirà certo a risolvere i problemi del prelievo, e rimarrà una categoria di gettito marginale, a meno che non si vogliano percorrere le strade  di Venezuela, Corea del Nord e similari. Due grafici di fonte OCSE possono agevolare una riflessione.

  

Un secondo raffronto lo possiamo condurre sul peso delle patrimoniali rispetto alla ricchezza. La stessa OCSE sottolinea due disclaimer, cui io aggiungerei un terzo.

  

I dati sulla ricchezza sono statistiche sperimentali, che provengono da analisi di microdati non completamente standardizzati (Disclaimer #1), e, riguardo gli immobili, non sono compensati da eventuali debiti contratti per l'acquisto/ristrutturazione (Disclaimer #2). Ne aggiungo un terzo. Per paragonare i dati ho messoin rapporto le imposte patrimoniali (D91 della classificazione internazionale) con questi valori moltiplicati per la popolazione, ma non avevo i dati disponibili contemporaneamente per tutti i paesi, quindi ho utilizzato un valore "ultimo" che differisce tra i paesi. Quindi prendiamo il grafico per un riscontro indicativo, ma nulla più.

Come avverrà la riforma - la Legge Delega

Preparatevi ai soliti interventi in punta di diritto sulla dittatura finanziaria e non fateci caso. Nessuna riforma fiscale può formarsi tramite un dibattito parlamentare, nemmeno se si ha la fortuna di avere un parlamento qualificato. Si perderebbe completamente l'organicità che costituisce un tratto necessario per una elaborazione normativa di questo genere. 

Nel dibattito del 17/06/1970 il missino Santagati, esponente della minoranza, chiarisce perché questi provvedimenti non possono che essere assegnati in delega al Governo: 

In linea di massima ritengo valida questa scelta : infatti una materia così tecnicamente difficile, così vasta, e che si rifà ad un a legislazione secolare – dal momento che vi sono leggi che risalgono a oltre un secolo fa e tuttora vigenti –; una materia che interessa tutta la collettività nazionale per i suoi riflessi diretti e indiretti; una materia che afferisce a una serie di princìpi generali che non possono essere elusi in questo campo, non poteva non giustificare il ricorso allo strumento tecnico della delegazione

Le fasi sono queste: 

  1. verranno fissati i limiti della delega (qualitativi e temporali)
  2. Il Governo, quando pronto, sottoporrà al Parlamento Leggi Delegate "Decreti Legislativi" (D.Lgs.)  e Regolamenti che sono sottoposti all'esame delle Commissioni competenti, ma entrano immediatamente in vigore senza voto parlamentare. i Regolamenti sono pubblicati come "Decreti del Presidente della Repubblica" (D.P.R.) 
  3. In caso di eccesso di delega, l'unica strada per rendere inefficaci questi atti è il ricorso alla Corte Costituzionale.
  4. Sono comunque Leggi ordinarie, modificabili dal Parlamento o dal Governo su delega Parlamentare.

Cosa è successo mezzo secolo fa

La precedente riforma è stata estremamente tribolata. Era un cavallo di battaglia del Centrosinistra, che con l'arrivo al Governo dei socialisti iniziò a pressare per riequilibrare la tassazione in Italia. All'epoca erano ancora prevalenti le imposte sui consumi, che per loro natura tendono a tassare maggiormente chi ha meno disponibilità economiche. 

Già nel 1962 partirono i lavori di una Commissione (Commissione Cosciani) che doveva ridisegnare il sistema; troppo tardi per produrre effetti nella III Legislatura. La riforma ha coinvolto le migliori energie allora disponibili, sia nell'ambiente accademico che politico. Nonostante il lavoro conclusivo della Commissione fosse stato presentato nel 1964, bisognerà attendere ben 2 legislature e al 9 Governo successivo, sotto la Presidenza Colombo, la delega venne finalmente conferita.

Forse avremmo dovuto attendere ulteriormente se non si fosse rischiato di perdere il treno del MEC, che richiedeva un meccanismo di imposte sui consumi di tipo plurifase sul valore aggiunto. Ovvero di una imposta non "distorsiva" rispetto alla organizzazione produttiva e distributiva dei beni e dei servizi.

Perché questa reticenza della politica? perché con ogni riforma almeno alcuni ci perdono, ed è difficile spiegare i costi attuali con i benefici futuri. 

Già allora come ora il vincolo esterno europeo è l'unico argine ai corporativismi italiani.

Achtung!

Ancora il DDL non è disponibile, quindi aggiornerò questa pagina quando saranno disponibili informazioni o documenti rilevanti.

Per approfondire ...