Fermeremo la concorrenza sul bagnasciuga

Fermeremo la concorrenza sul bagnasciuga

Il Governo Meloni è all'atto finale del voto di scambio con le tante lobby che supportano l'azione di Governo. Il casus belli è costituito dalle concessioni balneari, che avrebbero dovuto essere messe a gara dal 29 dicembre 2006, data di entrata in vigore della Direttiva Servizi (N. 2006/123), meglio conosciuta come Direttiva Bolkestein, dal cognome dell'economista ed ex Commissario UE di passaporto olandese.

Nota Bene: la questione giuridica è chiusa. Proroghe di concessioni o gare con criteri arbitrari sono illegittimi. Ogni interessato può fare causa ai Comuni che non mettono in gara o impongono criteri non corretti (come la storicità). La reticenza dei politici ad adottare la Direttiva, più che un regalo ai "balneari" è un regalo agli avvocati.

Non tutte le responsabilità sono dell'attuale PdC, visto che la violazione italiana si trascina da oltre 15 anni, ma oggi c'è una procedura di infrazione in corso e una messa in mora dell'Italia che determina il calcolo e la applicazione di sanzioni monetarie in caso di prorogata inottemperanza. A parte Bersani, durante il secondo Governo Prodi, gli esecutivi italiani hanno brillato più per atteggiamenti dilatori che per dare soluzioni al problema.

Nota Bene: ci lamentiamo della scarsa crescita italiana, ma uno dei motivi è l'ingessatura del sistema e il rifiuto di aprire alla concorrenza diversi settori, tra cui i balneari, il trasporto in taxi e il commercio ambulante. La scusa è che "sarebbe entrato lo straniero", ma per garantire il pedigree italiota tanti giovani italiani vengono defraudati della possibilità di portare idee nuove per conservare le rendite di famiglie tradizionalmente "assegnatarie" di diritti di privativa. Soluzione? se ne vanno.

Perché la Bolkestein?

La Bolkestein è proposta dalla Commissione presieduta da Romano Prodi, Procedura 2004/0001/COD (COD sta per codecisione tra Governo e Parlamento), in applicazione di apposita relazione sullo stato dei servizi interni all'Unione e sulle prospettive di crescita ed efficientamento. 

Il 13 gennaio 2024 sono passati 20 anni dalla adozione della proposta di Direttiva dalla allora Commissione Prodi.

Le conclusioni dello studio sono che le barriere alla concorrenza penalizzano le piccole e medie imprese e i consumatori. Questo per l'assunto che qualsiasi barriera è superabile "uscendo il granone" (tradizionalmente bene scarso per le piccole imprese), e che poi il costo di essersi appropriato di rendite di posizione viene scaricato, se la concorrenza è scarsa, sull'utenza finale.

Se le grandi imprese possono bypassare barriere nazionali con varie strategie (come l'accomodamento - trovare un partner nazionale) queste strategie sono precluse sia per le piccole imprese estere, ma anche per le piccole imprese nazionali, per le quali valgono le stesse barriere all'entrata.

In una economia come quella Europea, basata per 3/4 sui servizi all'epoca dello studio, oggi come allora, rendere più efficienti i servizi è condizione necessaria per una crescita costante. Se l'Italia non cresce, uno dei principali motivi è la repulsione verso la concorrenza che manifestano i politici.

La Bolkestein è attuale per l'Italia?

Frits Bolkestein ha passato i 90 anni, e la somma ignoranza dei politicani italioti confonde "anziano" con vecchio. Salvo poi rifarsi a schemi economici di tipo corporativo che hanno sempre manifestato la propria inefficienza a partire dal XVI secolo.

Sono posizioni rimaste sempre al margine del dibattito accademico, salvo nelle costruzioni teoriche di supporto alla riorganizzazione fascista dello Stato, e nelle applicazioni della dottrina sociale ed economica della Chiesa derivata dalla Rerum Novarum. Teorie soprattutto discorsive, i cui modelli (ove formulati) sono totalmente privi di supporto scientifico.  Ai tempi del ventennio erano teorie funzionali alla saldatura politica tra fascismo, titolari di rendite di posizione, e conservatorismo cattolico.

Gli effetti si videro subito quando l'Italia entrò in guerra: l'economia di favori non riuscì a produrre un aeroplano decente (malgrado i successi nelle coppe di velocità e le imprese di Italo Balbo), e nemmeno un carro utile a qualcosa che non fosse massacrare indigeni o cuocere uova al tegamino nel solleone del deserto africano. Il background produttivo dell'Italia fascista non resse nemmeno un semestre di confronto con gli alleati.

Non chiediamoci quindi se la Bolkestein è attuale per l'Italia, ma se si possa ancora sostenere una economia feudale basata su privilegi, favori e rendite nel terzo millennio. O l'Italia si evolve, o si estingue come i dinosauri.

Perché i politici avversano la concorrenza?

Concorrenza e trasparenza sono i grandi nemici dei politici incapaci. Un sistema di relazioni sociali bloccato permette al politico di riproporre lo stesso messaggio, sapendo che più o meno ha lo stesso riscontro e "mercato" di voti. Una scarsa trasparenza permette di favorire imprese "amiche" nella assegnazione degli appalti, ed attuare lo scambio politico-elettorale tanto caro ad eletti e appaltatori.

E' più facile fare politica in un paese ingessato: basta ripetere la lezioncina e spargere qualche favore.

Particolarmente scandalosi sono i leghisti, senza dubbio, ma ricordiamo che l'unico ministro che cercò di introdurre elementi di concorrenza, Bersani con il DL. 223/2006, fu sfiduciato assieme a tutto il Governo Prodi II dai neocomunisti di Bertinotti, dai senatori "comprati" da Berlusconi, ma con la "manina" di D'Alema e della Premiata Ditta che ancora ammorba il PD. 

Peccato che i nostri interessi di cittadini siano totalmente estranei a quelli di questa politica, tenuta ancora in piedi dalle mani stanche e dai cervelli pigri degli elettori. Basterebbe smettere di votarli: l'ingovernabilità non è peggio di un cattivo governo.

Una questione giuridica CHIUSA

Furono due imprese italiane (Promoimpresa srl e Tavolara Beach Sas) a portare alla corte di giustizia il caso della normativa italiana. Le due cause furono riunite per attinenza (C-458/14 e C-67/15). La prima sentenza stabilì che le proroghe automatiche delle Concessioni non sono compatibili con il Diritto Comunitario. 

Con la Sentenza del 20 aprile 2023 (C-348/22) AGCOM contro il comune di Ginosa, si stabilisce che è

obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti.

[...]

la valutazione dell’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 e l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono ai giudici nazionali e alle autorità amministrative, comprese quelle comunali.

Più di recente, data la giurisprudenza comunitaria univoca, i ricorsi si sono fermati ai giudici amministrativi dei TAR. Anche in questo caso le sentenze sono unidirezionali: la normativa italiana è illegittima, e non va applicata. Eventuali bandi che limitino la concorrenza sulle concessioni balneari sono degli illeciti amministrativi e devono essere revocati dai comuni. La faccenda è stata statuita dall'Organo superiore di giustizia amministrativa, il Consiglio di Stato, nelle due sentenze gemelle 17 e 18 del 9 novembre 2021 (cercatele sul motore di ricerca dell'Organo). Contro questa interpretazione il TAR di Lecce, ma come ben sappiamo ubi maior, minor cessat.

Quindi, anche in assenza di norme nazionali, la prevalenza del diritto comunitario fa si che ogni interessato possa chiedere la revoca proroghe automatiche di concessioni e gare arbitrarie. Purtroppo deve inizialmente pagare le spese, che di norma poi andrebbero addebitate alle parti soccombenti. Insomma più che un favore ai "balneari" la reticenza italiota a recepire la Direttiva è una occasione di business per gli avvocati.

Stato del contenzioso e possibili sanzioni per l'Italia

L'Italia è inadempiente, lo è da subito. Una prima procedura di infrazione (4908/2008) fu archiviata perché l'allora Governo Berlusconi presentò alle camere un disegno di legge di riforma (DL 194/2009) che abrogava il diritto di "insistenza" del Concessionario. 

Con un numero da azzeccagarbugli, ottenuta l'archiviazione del Provvedimento di messa in mora le Camere inserirono una postilla che vanificava la liberalizzazione.  Si riapre quindi il contenzioso con la Commissione per inadempimento italiano, ora aggravato dall'obbligo di recepimento della Bolkestein (28/12/2009) disatteso nella parte delle Concessioni.

Con il Governo Monti si chiude la procedura di infrazione (Legge Comunitaria 2010, L 15 dicembre 2011 n. 217) prevedendo all'Art.11 un D.Lgs di riforma delle Concessioni entro 15 mesi. Prima della scadenza e della presentazione del D.Lgs. cadde il Governo Monti.

Il Contenzioso UE si fermò poi tra rinnovo della Commissione (2014) e attesa per le sentenze della Corte di Giustizia Ue promosse contro la normativa italiana. La Corte di giustizia Ue si è espressa in modo inequivocabile, ed il contendere con la Commissione è ripreso dopo avere fronteggiato l'emergenza COVID. A fine 2020 riparte la messa in mora dell'Italia . Cercate sul link (2020)4118. 

L'ultima lettera dava all'Italia due mesi (che scadono ora, essendo datata 16/11/2023), per adeguarsi, o fornire controdeduzioni motivate. Come noto la risibile risposta sinora fornita (possiamo mettere a bando gli scogli) è degna delle giustifiche di uno scolaretto.

E allora? resta la via delle sanzioni. Secondo i parametri attuali, per i 1139 giorni di ritardo dalla messa in mora l'Italia dovrebbe pagare tra i 12 e i 735 milioni di Euro di sanzioni. Pochi per i politicani, che potrebbero abbaiare alla UE come al solito per fare campagna elettorale.

Cosa pensano gli italiani?

In barba agli sproloqui dei politici, gli italiani che fanno impresa fanno causa a Comuni e Regioni, e li portano fino alla Corte di Giustizia UE e ai TAR.

I consumatori, invece, si sono "limitati" a 314 petizioni al Parlamento Europeo contro i favoritismi della normativa italiana. 

Conclusioni

Sono le piccole cose che fanno la crescita. La posizione feudale della maggioranza, ma anche di buona parte dell'opposizione verso la concorrenza e la libertà economica costituiscono la migliore spiegazione della ingessatura della nostra economia. L'Italia cresce molto meno di tutti perché non si evolve, e la Bolkestein, in particolare le concessioni balneari, sono un piccolo ma significativo segnale.